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Più fiducia tra le imprese

di Franco Vergnano

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30 dicembre 2009

Continua a crescere la fiducia degli imprenditori. A dimostrazione che c'è una voglia matta di superare la crisi, con o senza "exit strategy". L'atteggiamento prevalente è quello di tirarsi su le maniche e di raddoppiare gli sforzi per riposizionarsi sui nuovi mercati.
La fiducia dell'industria aveva toccato il minimo a maggio, più tardi rispetto a quella dei consumatori che era arrivata al punto più basso nel settembre 2008. Da notare che anche la fiducia dei consumatori americani è salita a dicembre a 52,9 punti, dai 49,5 del mese di novembre. Si tratta di un dato in linea con le previsioni degli analisti.

A dicembre l'indice Isae, al netto dei fattori stagionali, è salito da 79,4 a 82,6 attestandosi sui massimi dal giugno 2008. L'aumento è dovuto al «forte recupero delle attese di produzione e dei giudizi sul portafoglio ordini (soprattutto per i mercati esteri)». Qualche perplessità rimane invece per commercio e costruzioni, come vedremo.
Le scorte si mantengono stabili e comunque al di sotto dei livelli considerati normali. Migliorano i beni intermedi e, a livello geografico, è vivace il Mezzogiorno. Va meglio anche per le condizioni di accesso al credito, con un netto calo delle imprese che si ritengono razionate in «senso forte».

Spiega Luigi Campiglio, ordinario di Politica economica alla Cattolica di Milano: «I dati Isae fanno ben sperare per il consolidamento della ripresa perché l'indicatore ha in genere un valore anticipatore della congiuntura. È indubbio che, dopo un anno e mezzo di piagnistei, ci sia una grande voglia di lasciarsi alle spalle la parola crisi. Il problema vero è forse quello di passare dalle parole ai fatti».
Il docente della Cattolica è preoccupato per la possibile «eredità» del debito pubblico in molti paesi e cita il recente lavoro di Carmen M. Reinhart e Kenneth S. Rogoff, «This time is different» (Princeton university press, 2009). Reinhart e Rogoff hanno fatto una densa ricostruzione dei terremoti finanziari e dell'esposizione degli stati, dal 1800 a oggi, arrivando alla conclusione che anche questa volta non è diverso dal passato. Le illusioni che lo fosse sono morte un anno fa.

E questo, secondo Campiglio, vuol dire che avremo digerito tutte le conseguenze fra sette e otto anni: «Il mondo – spiega – marcia verso nuovi equilibri dello stare insieme con convenienze reciproche. La crisi ha chiaramente detto che accanto alla globalizzazione esistono anche i confini dei singoli stati. Se vogliono continuare a essere vincenti, le aziende del made in Italy si devono concentrare su prodotti avanzati, in senso schumpeteriano, e incrementare la loro presenza sui nuovi mercati come i Bric (Brasile, Russia, India e Cina) dove ancora oggi siamo presenti in maniera insufficiente e non abbastanza attrezzati».
La maggiore fiducia caratterizza tutti i settori ma con differente intensità: l'indice cresce maggiormente nel comparto dei beni di investimento (da 70,9 a 76,2) e di consumo (da 86,2 a 89,6); negli intermedi, l'indice sale da 78,1 a 80. La crescita della fiducia è diffusa, anche se con intensità diversa, sull'intero territorio nazionale: l'indicatore è aumentato in modo deciso nel Sud (da 77,9 a 84,2) e nel Nord Ovest (da 80,6 a 84,8), mentre cresce più lentamente nel centro (da 82,6 a 84,5) e nel Nord Est (da 76,1 a 77,5).

L'Isae rileva invece un peggioramento delle aspettative dei commercianti e della fiducia nei servizi di mercato. «Forte ridimensionamento» anche per il clima di fiducia delle costruzioni. Per i commercianti l'indice scende da 101,8 a 96,9, mantenendosi comunque sui valori medi dell'anno.
Per Confesercenti, il peggioramento della fiducia delle «piccole e medie imprese del settore evidenzia una forte difficoltà con aspettative poco rosee per un 2010 che potrebbe registrare una domanda interna ancora debole e replicare le 30mila chiusure di quest'anno».

30 dicembre 2009
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